Si tende sempre a dire al cliente di conservare le vecchie bollette e le relative ricevute di pagamento per un certo periodo di tempo, ossia prima che scadano i termini di prescrizione.

Per quale motivo è necessario conservare le vecchie ricevute? E per quanto tempo è opportuno farlo? Di seguito tutte le risposte e le informazioni utili sulla conservazione delle bollette.

Le ricevute di pagamento delle bollette già pagate (bonifici, bollettini postali e così via, a seconda del metodo di pagamento scelto) devono essere conservate nel caso di una contestazione di morosità illegittima, oppure per un addebito inesatto nel conguaglio.

Che cosa significa? Innanzitutto, una contestazione di morosità si verifica quando il fornitore, ritenendo che il cliente non abbia pagato una determinata bolletta (sia, cioè, moroso), lo invita al pagamento dell’ importo dovuto. Il problema può sorgere quando, per negligenza o errore del fornitore, la morosità contestata non esista, cioè quando viene richiesto un doppio pagamento per un importo già saldato.

In base alla normativa vigente, si ricorda che spetta al debitore dimostrare l’avvenuto adempimento del credito. Ciò significa che è il cliente a dover rispondere al servizio di fornitura, in quel caso, che ha già pagato la bolletta. E Per rispondere a un sollecito di pagamento doppio, il cliente deve esibire la ricevuta del pagamento.

Se, il cliente paga per i propri consumi stimati (a meno che non invii regolari autoletture), a un certo punto riceverà una bolletta di conguaglio, cosicché possa pagare quanto ancora dovuto in base ai consumi reali, misurati dal distributore.

Se il fornitore nella bolletta di conguaglio fa riferimento in maniera inesatta agli importi delle bollette precedenti, se il cliente ha conservato le vecchie bollette può dimostrare l’errore con facilità, ottenendo così il ricalcolo del conguaglio, come da contratto.

In caso di domiciliazione bancaria del pagamento delle utenze sul conto corrente della propria banca si può recuperare la testimonianza dell’avvenuto pagamento tramite estratti conto o lista dei movimenti, che può essere facilmente inviata al fornitore, dunque non occorre stampare o comunque conservare le singole ricevute (a meno di estinzione dei conti bancari).

Si ricorda comunque che non serve conservare le ricevute per sempre. Tutte le bollette infatti hanno un termine di prescrizione ben preciso, vale a dire un termine entro il quale il fornitore del servizio può richiedere un pagamento arretrato. Trascorso il termine di prescrizione, il consumatore può tranquillamente buttare le vecchie bollette.

Che cos’è esattamente la prescrizione delle bollette? In base alla legge, e in particolare all’articolo n. 2934 del Codice Civile, un diritto si estingue per prescrizione quando il suo titolare non lo esercita per un determinato periodo di tempo.

Applicando il fenomeno alle bollette, ciò significa che se il fornitore non richiede il pagamento degli oneri dovuti per luce, gas per un certo periodo di tempo, il suo diritto di esigere l’adempimento si estingue. L’estinzione del diritto non cambia anche se il fornitore emette in seguito una fattura, un avviso di pagamento o una richiesta di adempimento.

In linea generale, si può dire che la prescrizione dei crediti insoluti si prescrive in due anni a partire dalle fatture emesse con scadenza superiore al 1 marzo 2018 per la fornitura EE e dal 1 gennaio 2019 per la fornitura di gas naturale. Il termine può variare a seconda dei casi e delle utenze domestiche, e soprattutto si differenzia in base alla data delle bollette di riferimento.

Il termine a 2 anni si differenzia da quello della prescrizione ordinaria, fissato a 10 anni dalla normativa. La distinzione è stata applicata in anni recenti dalla legge di bilancio, e normata poi da specifiche direttive su valutazione di ARERA, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente.

Per quanto tempo occorre conservare le bollette? Come già detto, le tempistiche dipendono dai termini della prescrizione, che variano a seconda delle circostanze. In particolare:

• per la fornitura elettrica , la prescrizione è passata da 5 anni a 2 anni a partire dalle bollette emsse con scadenza successiva al 1  marzo 2018.
• un discorso a parte va fatto per le bollette che contengono rate del canone RAI. Il canone di abbonamento televisivo, com’è noto, si paga ormai nella bolletta della luce in 10 rate annuali. A differenza dell’importo relativo al consumo di energia elettrica, il canone della televisione ha un termine di prescrizione più lungo, pari a 10 anni. Perciò, le ricevute che attestano il pagamento di rate del canone andrebbero conservate per altrettanto tempo;
• per la fornitura Gas, il termine di prescrizione è stato abbassato da 5 anni a 2 anni a partire dalle bollette emesse con scadenza successiva al 1 gennaio 2019;

Bisogna anche ricordare però che la prescrizione, a differenza della decadenza, è soggetta a interruzione e sospensione. Ciò significa che se entro il termine di prescrizione arriva una raccomandata di diffida con la quale il gestore chiede il versamento degli arretrati, allora il termine di prescrizione viene sospeso, e ricomincia a far data dal giorno di invio della raccomandata. Di conseguenza, il cliente è tenuto a versare quanto richiesto.

Infine, si possono menzionare altri documenti o ricevute relative a pagamenti che vanno conservati; ne vengono riportati alcuni, divisi per tipologia di documenti da conservare:

Se una bolletta arriva oltre la scadenza della prescrizione ma non presenta indicazioni per fare richiesta di eccepimento, se viene richiesto un pagamento già effettuato oppure se la fattura riporta un importo errato, il cliente ha la facoltà di contestare la bolletta.

Per contestare la bolletta bisogna inviare un reclamo al proprio fornitore  È sempre meglio optare per la forma scritta anziché per il telefono: vanno bene sia la raccomandata con ricevuta di ritorno sia l’email, meglio se da posta elettronica certificata (PEC).

La lettera di reclamo deve contenere tutte le informazioni utili per identificare il problema. Queste possono includere:

• dati anagrafici dell’intestatario dell’utenza (nome e cognome, codice fiscale o partita IVA, codice cliente ecc.), eventualmente allegando anche copia del documento di identità;
• dati identificativi della fornitura, come il codice POD o il codice PDR rispettivamente per luce e gas;
• estremi della bolletta contestata, inclusi almeno il numero della fattura, la data e l’importo;
• motivi del reclamo, p. es. doppia fatturazione, o avvenuta prescrizione;
• se il reclamo riguarda un doppio pagamento, anche una copia della ricevuta del pagamento già effettuato.

A partire dalla data di ricezione, la società di fornitura ha 40 giorni di tempo per rispondere, effettuando nuovamente i calcoli o, se necessario, procedendo a un rimborso. Nel frattempo è sempre consigliabile non pagare quanto non è dovuto, o pagare soltanto la parte effettivamente dovuta.

In caso non si giunga a un accordo, la soluzione è la procedura di conciliazione presso ARERA, che può essere attivata entro un anno dall’invio del reclamo, o direttamente dal cliente, oppure tramite un mediatore (es. la Camera di commercio, un’associazione dei consumatori e così via).