Da diversi anni si discute molto del canone RAI: se ne lamenta  l’inserimento nella bolletta dell’energia, si sostiene che sia una tassa nascosta e che i cittadini non dovrebbero pagarla.

Da un anno, tuttavia si parla anche di una possibile abolizione del canone RAI: accadrà davvero? Nel frattempo, esistono già diverse forme di esenzione e di rimborso, che verranno descritte in questa breve e rapida guida.

Il canone RAI (o canone TV, canone televisivo) è un’imposta sulla detenzione di apparecchi televisivi , che sono tenuti a pagare tutti i cittadini italiani o dotati di un’abitazione in Italia.

Più precisamente, la normativa informa che non va pagato da tutti, ma solo da chi possiede un apparecchio televisivo o comunque capace di captare un segnale radio o televisivo (digitale terrestre, satellitare…): una categoria molto ampia, che comprende sicuramente tutti i marchi e i modelli di TV in commercio.

L’obbligo si estende anche ad aziende, imprese e soggetti partita IVA, uffici, ristoranti, locali, esercizi pubblici e così via, se nella propria sede hanno una televisione (anche se in questi casi è previsto un apposito canone speciale, con costi e modalità differenti).

Il canone, comunque, nella sua forma normale o speciale, viene pagato in più rate annuali, suddivise nella bolletta dell’energia elettrica.

Qualora in una casa o in un appartamento in condominio risiedano più membri del medesimo nucleo familiare (oppure semplicemente coinquilini), il canone RAI dovrà essere pagato soltanto dal titolare della fornitura della luce, anche se si presume che tutti facciano uso della TV e che ne possiedano anche più d’una.

A questo fine viene presa in considerazione la famiglia anagrafica, cioè quel gruppo di persone con medesima residenza e domicilio, nel medesimo comune, legate da vincoli di parentela, affettivi, di affinità, matrimonio, unione civile, adozione ecc.

Come già accennato, il canone RAI si paga in bolletta, attraverso una serie di rate nella fattura relativa all’energia elettrica. Tale misura ha avuto effetto a partire dal decreto legge 208/15 (avallata poi dalla Corte costituzionale); in precedenza il pagamento avveniva separatamente, tramite bonifico, bollettino postale o altre forme.

Ora invece la legge ha deciso di far valere la “presunzione di detenzione” della televisione: vale a dire che si presume che tutti i contribuenti  intestatari di una fornitura elettrica abbiano anche in casa almeno un apparecchio televisivo, su cui di conseguenza debbano pagare il canone. Dal fatto che questa corrispondenza non sia sempre esatta deriva, come vedremo, la possibilità di chiedere esenzione e rimborso.

Perché il canone non è legato alla visione della TV, ma al mero possesso? Il punto che occorre sottolineare è che il canone, in fondo, non è un abbonamento ma una tassa come le altre. È vero che, in parte, il canone finanzia la RAI nelle sue attività, ma è anche vero che di fatto costituisce in primo luogo un’imposta sul possesso della TV.

Riguardo all’aspetto pratico della questione, il pagamento del canone in bolletta comporta un passaggio intermedio tramite il fornitore, che trasmette poi la tassa allo Stato. Il cliente vedrà la voce relativa al canone, separatamente per ogni rata, accanto alle altre voci di spesa. Il metodo di pagamento scelto per la bolletta, dunque, è il medesimo con cui viene pagato anche il canone.

Attualmente, e già dal novembre 2019, in Parlamento è depositato un disegno di legge che prevede la proposta di abolizione del canone RAI. L’idea originaria di cui si è discusso consisteva nell’abolizione totale, ma non sono mancate idee ed emendamenti per prevedere piuttosto una riduzione, provenienti anche dal governo.

Il motivo della proposta è il seguente: perché pagare il canone RAI coi soldi dei cittadini quando la RAI mostra un affollamento pubblicitario del tutto paragonabile agli altri canali privati? Alcuni parlamentari hanno ritenuto non corretto che il cittadino sia gravato di una ulteriore imposta solo per mantenere un servizio pubblico che mostra comunque spot e interruzioni.

Anche se non è l’obiettivo della legge, in molti spingono per una privatizzazione della RAI, o almeno per un suo pieno inserimento nel mercato della libera concorrenza, di cui del resto già ora sfrutta il meccanismo della promozione pubblicitaria, cercando di offrire una reale qualità del servizio e del palinsesto anziché un’offerta dimezzata.

In maniera abbastanza attesa, il disegno di legge si è arenato alla Camera dei Deputati prima ancora che la discussione parlamentare giungesse in Senato, e ancor oggi non si hanno novità.

Questo per via del problema principale che tale riforma solleverebbe, ossia la grandissima perdita di incassi da parte della RAI, che nonostante i ricavi pubblicitari regge il proprio bilancio sul canone per diverse centinaia di milioni di euro ogni anno.

La proposta di legge prevede anche l’eliminazione del tetto massimo alle pubblicità per rimediare a queste perdite.

Significa che, mentre ora la RAI ha dei limiti di legge al tempo massimo che può occupare con spot pubblicitari, a seguito dell’approvazione di quella riforma i tetti pubblicitari potrebbero essere eliminati, e la RAI si reggerebbe unicamente sul sistema pubblicitario né più né meno che come fanno le altre emittenti di televisioni private o televisioni commerciali nazionali o regionali.

La legge sull’abolizione del canone RAI può generare altri problemi, in parte sollevati dalla stessa commissione di vigilanza, in particolare il carattere di TV pubblica e indipendente della RAI, che potrebbe essere messo a rischio se essa non fosse più pagata in gran parte dal cittadino. Ma forse, sostengono implicitamente gli autori della legge, il cittadino preferirebbe correre questo rischio piuttosto che dover continuare a pagare anche quest’ulteriore tassa.

Mentre la legge segue il suo iter, occorre registrare la possibilità di ottenere l’esenzione dal pagamento del canone RAI. Questo si verifica in tre casi:

• per i contribuenti di età superiore ai 75 anni senza familiari conviventi con reddito proprio (a parte badanti o collaboratori domestici) e con un totale annuo non superiore a 8.000€ nella dichiarazione dei redditi, ivi compreso il reddito del coniuge se presente. Il contribuente deve presentare una sola volta la dichiarazione, valida anche per gli anni successivi purché permangano i presupposti;
• per i contribuenti che non sono in possesso di un televisore (o che non ne hanno uno in casa, anche se appartenente a un membro della famiglia). In questo caso occorre presentare un modello di dichiarazione sostitutiva (autodichiarazione) con cui informare l’Agenzia delle entrate dell’assenza di apparecchi televisivi nella propria abitazione. Il modello va presentato via web tramite i siti Fisconline o Entratel, oppure con plico raccomandato all’Agenzia. Si ricorda che la dichiarazione va inviata ogni anno, da luglio a gennaio;
• per i diplomatici e militari stranieri a causa di accordi e convenzioni internazionali.

Nel caso in cui per qualsiasi motivo non sia stato possibile ottenere l’esenzione, ma nondimeno se ne aveva il diritto, è lecito richiedere il rimborso del canone RAI erroneamente addebitato in bolletta e non dovuto.

La procedura per richiedere il rimborso richiede di compilare la modulistica apposita (reperibile sul web) da inviare all’Agenzia delle Entrate. L’invio può ancheavvenire tramite app dell’Agenzia o con posta ordinaria raccomandata, purché si alleghi copia di un documento di riconoscimento del titolare della fornitura.

Tra le possibili causali per il rimborso ricordiamo:

• il compimento dei 75 anni da parte dell’interessato, più il possesso di tutti i requisiti reddituali previsti;
• il pagamento del canone già avvenuto in altra modalità (p. es. addebito diretto sulla pensione);
• la presentazione della dichiarazione di non detenzione di apparecchi televisivi di cui l’Agenzia delle entrate erroneamente non ha tenuto conto;
• l’esonero per via di convenzioni internazionali;
• altre motivazioni di natura economica, fiscale ecc. che eventualmente possono essere sottoposte e valutate dall’Agenzia delle entrate.

La modalità di rimborso, in genere, consiste in un riaccredito di quanto pagato in più     .

Per le tempistiche, invece, occorre attendere al massimo 45 giorni dal momento della presentazione della richiesta di rimborso. Ovviamente è necessario anche fornire all’Agenzia delle entrate tutte le informazioni utili al riaccredito.

Nel caso in cui la società di fornitura risulti inadempiente, il cliente ha facoltà di inoltrare reclami e rivolgersi di nuovo all’Agenzia delle entrate, che provvederà in proprio a effettuare il rimborso agli aventi diritto.